Consigli buoni e antipatici

C’ero io e c’erano altre quattro amiche. Ognuna seduta al proprio posto, in un tavolo troppo piccolo al freddo di un ottobre in centro città. C’erano le storie che a turno ci raccontavamo tra le risate e gli abbracci e le domande tristi che a volte scappavano.
Bisogna restare con i piedi per terra.
C’ero io e c’erano le mie quattro amiche, mentre ci aggrovigliavamo su noi stesse nelle storie che ci appartenevano. Era così: si partiva lasciando uscire timida la prima parola e ci si ritrovava ad essere come i rami dell’edera cattiva che si contorce sul grosso tronco della lucidità e della verità, crescendo senza fine. Quando all’albero sembrava non arrivasse più luce, né aria, né vita, arrivavamo tutte in gruppo e strappavamo via le foglie succhia-anima.
Stare insieme e stare attente ad ascoltarsi per bene e fino in fondo, che spesso non è un’attitudine ma un impegno, una scelta. Avevamo deciso che dava più soddisfazioni avere la volontà sincera di capirci piuttosto che lamentarci di non riuscire a farlo.
È così semplice: io ho tanti libri sul comodino e penso spesso a come vorrei leggerli tutti, lamentandomi di come mi manchi il tempo per farlo. Poi arriva la giornata che li osservo per un po’, ne prendo uno in mano e lo finisco in due ore, senza rinunciare a niente a parte perdere tempo scorrendo le Home asciutte dei social network. Lì capisco che se voglio posso leggere tutto il mondo. Solo se voglio voglio.
Le persone sono come il mio comodino.
E si sta così bene dopo aver letto un libro!
Nelle nostre riunioni si dispensano consigli buoni e antipatici allo stesso tempo. Le cose che non vorresti sentire ma che ti fanno amare le persone che riescono a dirtele.

Non bisogna perdere il contatto con la realtà.
Questo è il punto di tutto: ci ritroviamo per dirci che ripiegarsi su se stessi fa schifo e invece la vita è così bella. Che anche se è banale non ce ne frega niente.
Stasera sono tornata a casa con i soliti quattro libri nel cuore. Ognuno al proprio posto ma sempre seduti allo stesso tavolino.

Forse le cose cambieranno, ma non di domenica

cucina

La mia casa è fatta di persone.
Anno dopo anno queste persone hanno iniziato a smussare gli spigoli e alleggerire gli sguardi, così che tutti combaciassimo in un abbraccio perenne. Ci sono tante cose che mi tengono stretta in questo abbraccio: piccoli riti, abitudini, conversazioni fuori dal comune e un costante amore nonostante le 8 braccia che lo compongono non potrebbero essere più diverse.
Mi sono resa conto di come questa domenica abbia segnato l’inizio del mio inverno mentre ho aperto la porta in una cucina che profumava di torta.
Mia madre ha tirato fuori talmente tanti dolci da quel forno da averne preso persino l’odore. Probabilmente è una delle cose che mi ricorderò per sempre: il modo in cui non sa di profumare di buono, di mio, di nostro, e mi sorride.
Sono le otto e mi ritrovo dentro un’altra nostra piccola ricorrenza: in nessun caso è mai successo che la domenica sera ci sedessimo tutti a tavola per cenare. Ci si mette silenziosamente d’accordo per mangiare all’ora che ci pare, con cosa ci pare, quanto ci pare e perché ci pare. È una cosa piccola, e apparentemente insignificante, ma è un momento nel quale ridiamo tutti un po’ di più.
I miei bisticciano per gioco e mamma fa finta di prendersela, mia sorella se ne esce con una ramanzina sulla parità dei sessi e io sorrido complice. Il cane aspetta una coccolina.
La domenica sera so di essere esattamente dove dovrei.
Le mia famiglia ha influenzato profondamente la visione che ho del mondo, a volte in positivo, a volte con cinismo. Mi hanno dato la loro opinione e mi hanno cresciuto con la pretesa che io me ne formassi una indipendente, che avessi lo spirito critico sufficiente per ascoltare tutti ma trarre le mie conclusioni.
Ci sono momenti in cui mi chiedo perché non dovrei costruire un muro ogni giorno, perché il mondo dovrebbe meritarsi di vedermi per ciò che sono. Di vedermi nuda. Perché dovrei scendere a compromessi con me stessa per “andare bene”, per rispettare il mio ruolo, per non espormi troppo quando vorrei.
Poi mi ricordo che sono seduta davanti al pc con una fetta di pizza surgelata in mano e probabilmente mamma starà facendo il thé in cucina.
Mi ricordo che mi è stato insegnato che posso scegliere di non farlo.
Mi ricordo che è domenica sera e tutto diventa luminoso.