Ultimo Brindisi

Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all’inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
a un Dio che non ci ha salvato.

 

1934

Anna Achmatova – tradotta da Michele Colucci

28.09

Tu raccogli sapientemente le mie parole a mani giunte

Crei un piccolo bacino d’acqua tra quei minuscoli palmi da bambina
e lo privi del suo grigio torbido

Togli il fango da quel misero lago e me lo restituisci
chiaro come il nome che porto.

Le tue inguaribili mani
che sempre mi riportano alla nostra calda solida eterna casa.

tender is the night

Tenera è la notte che ci suggerisce parole cifrate
sciolte solo in questo unico canale
la comunicazione in differita
di un cuore teso che recita solo per dodici ore

Tenera è la notte delle parole che abbiamo appeso al fil di ferro in giardino
insieme ai panni stesi
e non sappiamo se verranno seccate dal vento
lasciandoci arsa la bocca.

Tenera è la notte quando si può mentire
la sincerità fa parte delle cose chiare
Il coraggio è bianco come quei lenzuoli al sole
e la paura è un corvo irriverente

Tenera è la notte quando non dormo sola
e spalle forti mi cullano verso un sonno sereno
Quando non c’è inquietudine neanche per una poesia
ma solo una voce calda che legge per me

Tenera é la notte se silenziosa
se l’ impazienza dimentica d’essere viva
se il demone non mi morde
se il tuo pensiero mi scivola accanto
ma non mi sveglia.

Inetta

Tu mi schiacci come fossi uno scarafaggio argentino,
e sotto il tuo piede di pietra io piango e mi dimeno.
Le viscere mi escono dall’addome e io annego nei miei stessi liquidi.
L’asfalto è caldo e scioglie i miei occhi di scarafaggio
così,
cieca,
non riesco a vedere la mia stessa incapacità,
la mia stessa rovinosa morte
su questo asfalto sporco di cui non so più scrivere.
Sento solo il puzzo delle mie feci che per paura non ho trattenuto,
e mi vergogno tremendamente della mia infima condizione.
Non ho il tuo sguardo né la tua comprensione
L’unica cosa tangibile di te è il carrarmato della tua suola
pesante sulle mie tempie.

Peonie bellissime dagli angoli bui della tua scatola cranica

Peonie bellissime
dagli angoli bui della tua scatola cranica
Nascono nonostante la tua visione cinica
Di un’intelligenza che pensi non t’appartenga più.
Non cogli la bellezza criptica
Del giardino di petali morbidi
Che ti fa capolino dalle orecchie
E i riccioli cadono leggeri
sui cespugli dei tuoi candidi fiori.
Hanno un profumo così intenso
E la tua pelle ne è intrisa
Permea le stanze che chiami casa
È sempre primavera nella tua scatola chiusa
Ovunque tu metta piede
Non vi è ombra
Né male
La vita ti accompagna e rinasce
Ma il tuo credo cresce e mette radici
Sfiduci le peonie che t’hanno creata
E non t’accorgi più del vento nuovo con cui rinfreschi
La noia loquace di menti assopite.
Le domande – i dubbi – i progetti
Più non ti sazi
Ti chiedi ancora quante verità non conosci
Tutto ciò che fai è temere
l’aridità del tuo giardino
Mentre il sole continua a calare
Su cervelli che non hanno fiori.

Volver

Le immagini mi sfuggono dalla mente
Di tutto ciò che ho visto e vissuto
Non mi rimane che un confuso ricordo
Come se avessi sfiorato vite che non potevano appartenermi
e queste si fossero liberate dalla morsa dei miei occhi
Ribellate al mio inchiostro

I pensieri vorticano senza ordine e la bellezza che ho appreso va perduta
Non c’è rimedio alla mia memoria ubriaca

Dove sono andati a finire tutti quei chilometri
Le storie sentite sopra vecchi autobus
Le infinite strade di cemento

La notte è buia dentro la mia testa
e di tutto questo mondo appena scoperto
Non resta che una debole candela
Per rischiarare solo la terra che calpesto ora.

I contorni sono sfumati
e i ricordi intrappolati distrattamente fra la mia pelle sono come schegge di legno prossime all’espulsione.

Mentre cucino zucchine mi scappano le idee

Mentre cucino zucchine
il coltello si muove sulla carne verde
fa un rumore sordo – le sveglia, si rialza e torna ad abbracciarle ogni volta che sbatte contro la plastica dura del tagliere
mi piace cucinare le zucchine perché parlano
Nuotano nel mare della padella, e si divertono a fare le bolle
come i bambini
Adoro cuocere le zucchine perché profumano sempre di casa
Si staccano i semini bianchi appesi al petto e me li regalano come pegno d’amore
facendoli galleggiare sull’acqua
Quando cucino zucchine mi scappano le idee
sono troppo concentrata a mescolarle e mi distraggo
lascio la finestra aperta così almeno possono andare lontano
magari trovano il posto giusto e si mettono a fare carriera
diventano idee di successo
Chissà

Libre

libera libera libera libera libera
libera libera libera libera sono libera
libera libera da tutto
Libera che neanche vi tocco
Né voi toccate me
Con il vostro odio la vostra morte il vostro sangue nero
libera libera libera
Neanche vi sento
Neanche vi ascolto
Il vostro stanco parlare vuoto inutile falso borghese monotono riluttante
Neanche vi guardo
Chi siete
Tutti voi
Chi siete
Sono libera
Non riconosco più le vostre corde
Libera
Da parte a parte del mio corpo
Il taglio è ancora intatto
ancora vivo, ancora umido
Sono libera
Ma quello rimane
Lo copro con il palmo della mano
È così visibile
e voi così ciechi
Libera
Neanche vi penso
Voi non pensatemi più
Che io sono libera.

Gate numero 10

image

Dieci come i giorni della settimana
Dieci come i miei anni
Dieci come i libri sul comodino
Dieci come i miei fratelli
Dieci come le notti insieme
Dieci come i giorni che mi separano da te
T’immagino alta e luminosa
Profumi di tradizioni di 100 anni fa
cotte in pentola a fuoco lento
da una signora con un grembiule, al primo piano di un palazzo
Non si chiama Diana, ma ci assomiglia

T’immagino piena, piena fino ai capelli di contraddizioni
di gente
di macchine
di tango
Piena fino al midollo
di fiori, entusiasmo
Nostalgia
Solitudine
T’immagino incantatrice di serpenti
Poi mi vedo, all’angolo
Con la valigia stretta, a guardarti
Ancora umida di lacrime
Ma con la mia solita leggerezza
Ci somigliamo
Andiamo d’accordo
E tu mi apri la porta.