Erano i capei d’oro a l’aura sparsi

I tuoi capelli sono rivoli d’acqua gelida diramati dal ghiacciaio che sciolgo con l’aria calda del phon quando giochiamo ad essere brave sorelle.

Come tra la sabbia le mie dita scorrono lisce sulla tua testa e pettinano il tuo campo dorato, fino a che i tuoi severi occhioni blu incontrano i miei con grande disappunto, per un nodo tirato o un passaggio sbagliato del nostro rituale.
Non ho mai asciugato nessun capello al di fuori dei tuoi.
È l’undicesimo comandamento del nostro segreto testo sacro, che mai ci siamo prese la briga di concordare.
Sappiamo solo che quando le circostanze si fanno sgarbate o uniche, io ti devo asciugare i capelli.
Come fosse una carezza per guidarti in nuove acque, o forse per farmi guidare dalle tue redini di paglia.
A volte mi chiedo se saremmo mai potute essere amiche se nate in diverse case, da diversi padri e madri con diversi rituali, diversi bagni, diversi asciugacapelli.
Saremmo mai riuscite a trovare un punto d’incontro tra il tuo essere gelida e schietta e il mio essere entusiasta e dispettosa?
Un punto d’incontro silenzioso e preciso come quello che abbiamo ora.
Non so darmi risposta.
Io ci vedo solamente in questa fotografia: tu seduta davanti allo specchio e io in piedi dietro di te.

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