Il mio sport preferito è l’imballaggio seriale dei miei cari.
Ogni volta che qualcuno si avvicina al mio cuore scatta in me l’irrefrenabile necessità di imballarlo con nuvole di morbido cotone. Faccio talmente tanti strati attorno a quei corpi a me carissimi che loro smettono di sentire ogni cosa.
Questo è il mio obiettivo: ovattare i miei tesori in modo che niente possa ferirli.
Quando finisco il cotone mi stacco ciocche di capelli e continuo a prevenire ginocchia sbucciate e mignolini contro gli spigoli, ustioni per il troppo sole e forti dolori al petto a causa dei miei passi falsi. Quando anche i riccioli sono terminati mi spoglio e continuo a proteggerli con i vestiti appallottolati, sperando che almeno quelli li possano allontanare da delusioni o nervosismi.
Intreccio le mie ciglia e ne faccio un ombrello per tenerli riparati da fulmini a ciel sereno, e uso la mia lingua per farli sedere su un cuscino di dolci parole che li faccia sentire a casa.
Me le lego tutte in cinta, le persone preziose che imballo, e continuo a camminare in avanti trascinandole nei duri anni che si susseguono.
Cammino così: glabra, muta e nuda, con 5 o 6 gomitoli fissati sulla vita.
Cammino tanto che i piedi mi sanguinano ma non mi rimane niente con cui asciugarli.